di Giovanni Stella
L’evoluzione dell’educazione genitoriale
È ormai opinione condivisa tra chi si occupa di educazione e psicologia che stiamo assistendo ad un sostanziale cambiamento nel modello educativo genitoriale rispetto a qualche decennio fa. Ne parlano in maniera molto approfondita terapeuti del calibro di Gustavo Pietropolli Charmet, Matteo Lancini e Mirella Rostagno. Nella fase dello sviluppo infantile prima, e in adolescenza poi, il tipo di relazione con i genitori, o in generale con le figure di riferimento, favorisce esperienze sostanziali per la formazione della cosiddetta “personalità”. La relazione con un
modello genitoriale normativo, tipicamente presente in passato, piuttosto che affettivo come possiamo invece osservare oggi, può condurre ad esperienze, e quindi a “personalità”, molto differenti.
Se superiamo la tentazione di definire quale tra i due sia il modello migliore e riconosciamo invece limiti e possibilità di entrambi, possiamo tentare di costruire un modello “terzo” che offra alle figlie e ai figli la possibilità di sperimentare una condizione più utile ad affrontare la vita adulta nell’attuale panorama sociale. Qualche decennio fa, ci si trovava sostanzialmente a confrontarsi con regole educative rigide e nette: era chiaro ciò che si doveva e non doveva fare. I genitori erano sostanzialmente impegnati a trasmettere valori molto definiti e crescere figlie/i che raggiungessero presto l’autonomia. Il prezzo da pagare per coloro che uscivano dalle regole era la colpa, alla quale si poteva porre rimedio attraverso comportamenti riparatori e costruendo via via una versione di sé sempre più virtuosa. Le/gli adolescenti si ribellavano, crescevano opponendosi agli ideali genitoriali, prendendo talvolta posizioni estreme e rischiando anche di non risolvere mai i conflitti coi genitori. Vi era rispetto, talvolta vero timore, dell’autorevolezza – o dell’autorità – genitoriale.
Modello affettivo: opportunità e rischi
Oggi i genitori sono generalmente molto più attenti alle esigenze affettive ed emotive e si prodigano per ridurre al minimo le occasioni di frustrazione e di disagio. Qualcuno li ha definiti “i genitori spazzaneve” quelli cioè che tentano di liberare la strada da qualsiasi ostacolo offrendo un percorso agiato e lineare.
In alcuni casi sulle/sui figlie/i vengono collocate aspettative che i genitori avevano su loro stessi ma che nel corso della loro vita, per una serie di condizioni sfavorevoli, non sono riusciti a realizzare. Le regole non vengono più imposte a priori ma sempre più spesso negoziate e così alle/ai figlie/i rischia di mancare l’esperienza di un limite con cui confrontarsi.
Riducendosi l’esperienza della frustrazione, e aumentando invece quella di una sistematica soddisfazione del bisogno, le/i giovani crescono – almeno apparentemente – con una più alta considerazione di sé e una minor tolleranza alle frustrazioni (con cui di fatto hanno ben poco a che fare) perché l’esperienza ha insegnato loro che possono farcela in tutto, che tutto è per coì dire “facile”. Scrivo “apparentemente” perché sotto si celano quasi sempre fragilità profonde e un senso di sé “tenuto assieme con gli spilli”. L’autostima non si è infatti costruita come esito di ripetute reazioni ai fallimenti della vita ma attraverso l’assenza di invalidazioni.
Chi si occupa di psicopatologia classica, non esiterebbe a definire queste delle “personalità narcisistiche”. Ecco che invece della colpa il sentimento dominante diviene oggi la vergogna, la difficoltà cioè di non riuscire a rispondere in modo sufficiente alle aspettative collocate sul sé. L’allarmante fenomeno del ritiro sociale, per citarne uno, ha le sue radici proprio nella difficoltà delle/dei nostri giovani a reggere il confronto con un mondo che può essere potentemente invalidante così, pur di tenere in piedi a tutti i costi un’integra idea di sè, si rifugiano in un mondo ristretto e prevedibile lasciando fuori dalla porta di casa qualsiasi occasione nella quale possano essere messe/i in discussione.
Limiti e opportunità dei due modelli
Se da un lato il modello normativo disegnava una strada più netta e formava le/i giovani alla frustrazione, alla lotta per i propri ideali, all’obbedienza e al rispetto, forse si prendeva poco cura degli aspetti più emotivi ed affettivi, pregio invece che dobbiamo riconoscere al modello affettivo che quindi ha permesso di mettere di nuovo in luce quanto sia invece importante ascoltare le/i figlie/i e accogliere i loro vissuti. Allo stesso tempo il modello affettivo rischia però di formare “personalità fragili”, poco inclini alla fatica e alla lotta per le sfide della vita.
Quale altro modello genitoriale potremmo quindi immaginare utile a formare giovani in grado di vivere con sufficiente successo nell’attuale panorama sociale? Sicuramente sarebbe utile offrire alle/ai ragazze/i, assieme all’esperienza dell’ascolto, anche quella della regola e del limite attraverso la quale possano vivere l’invalidazione e la successiva spinta a trovare nuove soluzioni. Riprendersi dai piccoli e grandi fallimenti della vita costituisce una esperienza fondamentale per la crescita di ciascuna/o. Le regole, anche se negoziate o proposte, vanno poi fatte rispettare non tanto perché in assoluto “le regole si rispettano”, quanto piuttosto perché esse hanno un senso preciso, una specifica utilità nel normare le interazioni.
Un nuovo modello possibile: l’equilibrio tra regole e affetto
Alla regola imposta a priori è opportuno sostituire insomma regole utili e motivate. L’adolescente ha certo bisogno di ascolto e compresione ma anche di contenimento e indirizzo. Ha bisogno, in sostanza, di essere educata/o. La regola, e in generale i valori, offrono alle figlie e ai figli l’opportunità di avere un chiaro contenuto con il quale fare i conti. Se tutto è possibile e non c’è una direzione, su cosa possono essere d’accordo? Verso cosa si possono ribellare? Una chiara proposta valoriale e normativa da parte dei genitori favorisce quindi quel processo evolutivo che porta l’adolescente a costruire la sua personale e unica posizione, convinzione e personalità differenziata e separata da quella dei genitori.
Il ruolo del genitori si realizza in buona sostanza anche nel presentare un modello chiaro con cui le figlie e i figli possano confrontarsi: pensare che una proposta educativa chiara ed esplicita possa “rovinare” la loro libera espressione, possa troppo condizionarle/i, indirizzarle/i e non lasciarle/i libere/i di essere ciò che desiderano può rivelarsi un grande errore poiché è proprio nell’incontro con un modello chiaro che ciascuna/o è spinto a costruirsi un proprio personale punto di vista su di sé, sulle/sugli altre/i e sul mondo.