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di Valentina Sosero

A pezzi, tremilacinquecento almeno
ma tutte le tessere azzurro cielo
un faro al massimo, una striscia di mare
ma non si trova la cima, la schiuma
– sfuggono i bianchi i grigi si addensano –
pieni e vuoti non si vogliono baciare,
oggi sono un gioco impossibile da giocare

(Silvia Vecchini & Francesco Chiacchio – Acerbo sarai tu)

1…2…3 Adolescere

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’adolescenza come quella “fase della vita compresa tra i 10 e i 19 anni, unica nel suo genere poiché caratterizzata da rapidi cambiamenti fisici, cognitivi e psicosociali che influenzano il modo di sentire, di pensare, di prendere decisioni e di interagire con il mondo circostante”1.

A partire da questa definizione e scomodando l’etimologia, scopriamo che adolescenza deriva dal latino “adolescens”, participio presente di adolescere composto da “ad” rafforzativo e “alere” nutrire. “Colui/colei che si sta nutrendo”2. Espressione che racconta di una dimensione generativa di conoscenza, cambiamento, opportunità, crescita e costruzione, ma che molto spesso viene accantonata, lasciando spazio a descrizioni che hanno più a che fare con la fatica, la crisi, i problemi, i pericoli attivando più preoccupazione che fiducia.
Questa tendenza può avere a che fare con la sempre maggiore complessità del contesto in cui ragazze e ragazzi fanno esperienza e che, per certi aspetti, può rendere impervio il processo di crescita. Basti pensare ai mondi offline e online che sdoppiano di fatto i contesti sociali (e non) imponendo stili e modalità di interazione/comunicazione specifiche per ogni situazione. O ancora, la tematica del futuro: in un momento storico in cui la crisi ambientale per il cambiamento climatico e gli scontri armati riempiono le prime pagine di giornali e tg, sembra diventare difficile immaginare e immaginarsi in un domani spensierato e ricco di possibilità. A questo vanno aggiunte le “classiche sfide” evolutive tipiche dell’adolescenza tra le quali: lo sviluppo della propria identità e la ricerca del proprio posto nel mondo; l’esplorazione dei vincoli e delle possibilità del sistema in cui si è inserite/i, sfidando i limiti imposti dall’esterno e quelli personali; la messa in discussione delle figure adulte anche attraverso il conflitto e la scoperta del gruppo dei pari come nuovo punto di riferimento, di aggregazione e di riconoscimento. A fronte di questo, non è un caso che per alcune/i sia più utile parlare di adolescenze, al plurale: sembra, infatti, difficile riuscire a inglobare in un’unica categoria indifferenziata tutte le sfumature e le peculiarità emergenti in questa fase della vita. E forse, proprio per questo, diventa ancora più complesso abitare l’adolescenza comprendendo nel suo navigare uno sguardo di fiducia, poiché ogni volta richiama a nuovi interrogativi, a nuovi modi di stare spesso sfidanti e non sempre del tutto leggibili.
Vista da questa prospettiva avere a che fare con l’adolescenza oggi sembra davvero un’impresa titanica e faticosa, oltre che un serbatoio di energia allo stato puro sul punto di esplodere. Sarà anche per questo che, quando se ne parla, si fa riferimento a quella fase di passaggio dall’infanzia all’età adulta; quasi a voler racchiudere questo momento dell’esistenza in un lasso di tempo ben definito che ha carattere prettamente transitorio e preparatorio a ciò che viene dopo, sottendendo tra le righe, l’idea che prima si attraversa (magari senza troppi scossoni) meglio è.
Tuttavia è possibile, per un istante provare a “sfidare” questa visione di adolescenza “da mani nei capelli”, per lasciare posto anche ad altre possibilità? Non stiamo dicendo di guardare questo momento della vita con la lente del pensiero positivo a tutti i costi, è innegabile che l’adolescenza porti con sé, soprattutto oggi, una vera e propria rivoluzione intrisa di cambiamenti, fatiche, paure e difficoltà; ma se ci soffermassimo un po’ di più nell’abitare questa fase dell’esistenza, accogliendola non solo come transito da un punto all’altro, ma come parte integrante e imprescindibile del fare esperienza nel e del mondo, con una sua dignità evolutiva e un potenziale infinito, potremmo scoprire qualcosa di diverso?

Libri e albi illustrati che raccontano di adolescenze

In questo processo di messa in discussione possiamo scoprire un universo di carta fatto di parole e di immagini che può venirci in aiuto nell’affrontare il viaggio all’interno del mondo dell’adolescenza.
Parliamo di libri e in particolare della narrativa per ragazze e ragazzi, oltre agli albi illustrati, che aprono profondi spiragli da cui osservare questo momento evolutivo, regalando sguardi e sfumature che, da un lato creano per le/i più giovani uno spazio di sperimentazione condivisa rispetto a ciò che vivono e, dall’altro, invitano adulte e adulti ad allenare curiosità e senso di scoperta.

Ecco, quindi, che il viaggio tra le pagine inizia incontrando Romeo, ragazzo di 16 anni, che alla ricerca di se stesso comprende fin da subito di non avere nulla a che fare con lo stereotipo del maschio (dilagante nella sua quotidianità di adolescente) che rifiuta qualsiasi possibilità di apertura alle differenze e alla fragilità. “Un ragazzo è quasi niente” di Lisa Balavoine racconta, attraverso una narrativa quasi poetica, il viaggio di scoperta di sé (“sfida” evolutiva centrale durante l’adolescenza), tra dubbi, incertezze, scoperte, emozioni profonde, fatiche, incontri (che “scomodano” Amore e Amicizia), scontri (anche brutali) e scelte decisive che segnano il proprio presente e il proprio modo di stare nel mondo.

“E’ come se tutto ciò che faccio
dico
penso
porto
sento
fosse incomprensibile agli altri.
Forse dovrei cambiare
Diventare come loro
integrarmi nel gruppo
Fondermi nel game
Eppure preferisco
rimanere controcorrente
essere come il vento
Libero e invisibile”
(tratto da “Un ragazzo è quasi niente” (pp.18-19), Lisa Balavoine – Terre di Mezzo Edizioni)

E ancora, sfogliando le pagine l’avventura riparte conoscendo Diego che ha perso il fratello per un’overdose e che, a un anno dalla sua morte, trova nelle amiche e negli amici più care/i l’abbraccio più stretto e profondo. Una storia che racconta di “una grande fuga”, organizzata all’ultimo per prendersi cura di quelle ferite che, a volte, non trovano spazio nella quotidianità del fare e che hanno bisogno di un tempo diverso, fatto anche di colpi di testa. E’ possibile allora riscoprire la forza dell’amicizia, la presenza senza se e senza ma di quel gruppo dei pari nel quali riconoscersi, scoprirsi, essere visti nonostante tutto (anche al buio, seduti su una spiaggia).
“<Dai, alziamoci e facciamo una catena tenendoci per mano, altrimenti perdiamo l’orientamento al buio>, Victor. <Forza!>, ribadì Sestina alzandosi. <Dai, diamoci la mano>, Vic. <Eccomi.> <Presente.> <Ci sono.> <Qui.> <Io pure.> <Non mi lasciate qui.> < Raga, ci siamo tutti? Vi voglio bene. Non ha senso, lo so. Ma è vero>, Letizia.
(Tratto da “Gli sbagliati del Dubai” (p.162), Daniela Palumbo – Editrice Il castoro)

E il viaggio continua, con un registro diverso fatto di immagini e parole, conoscendo quel giovane ragazzo che un mattino svegliandosi scopre, guardando la sua immagine riflessa allo specchio, di avere le ali. Una novità che lo sconvolge, che lo rende diverso da chi lo circonda, che crea smarrimento, confusione, sofferenza, tanto da pensare di privarsene nella maniera più brutale possibile. Capita, durante una fase della vita così densa dal punto di vista dei cambiamenti com’è l’adolescenza, di percepire ciò che accade sulla propria pelle come qualcosa di insormontabile e di non accettabile (ai propri occhi e allo sguardo dell’altro). In questo caso sarà l’incontro con chi conosce nel profondo il protagonista, a permettere e legittimare una prospettiva diversa su quelle ali che, oltre a raccontare di diversità e dolore, racchiudono scoperta e possibilità. Una narrazione che dona all’adulto un ruolo importante, quello di chi non dà risposte e definizioni, ma di colei/colui che accoglie e riconosce ciò che c’è, con sguardo amorevole e non giudicante.

Con amore e timore mi guardavo, senza riuscire a risolvermi. Avanti, mi dicevo, apri queste ali se hai coraggio. E così un giorno osai farlo. Ero solo e forse per questo mi decisi. Ormai non potevo più essere quello di prima. Mi piacesse o no ora ero questo. Un uomo con le ali che non sa niente di se stesso.
(Tratto dall’albo illustrato “Guarda che la luce è del cielo” di Giulia Belloni e Kaatje Vermeire – Kite Edizioni).

Per approdare, infine, alla “Strana Bottega di Viktor Kopek” piena di anticaglie, soprammobili, foto in bianco e nero, ma soprattutto valigie di ogni forma e grandezza. Quando la protagonista varca incuriosita la soglia della strana bottega inizia la storia di un incontro surreale e sorprendente. Cinque valigie scelte dal “magisarto” proprio per lei, ognuna delle quali contenente un costume speciale con tanto di accessori prêt – à – porter. Tra “nasi mobili”, “parole dolci e a doppio senso”, “occhi più grandi dello stomaco”, è interessante scoprire, passo dopo passo, la scelta della protagonista. Una storia che racconta il processo di scelta e i timori insiti in questo sperimentarsi, oltre al senso di scoperta e curiosità che accompagnano il soprendente viaggio di costruzione del proprio costume su misura (..di vita).

La vita a volte è una strana avventura, un lungo viaggio…Ben poche persone ci si arrischiano senza valigia, soprattutto se dentro c’è un costume speciale come quelli che immagino io! La invito, dunque, a scoprire quello a lei più adatto”.
(Tratto dall’albo illustrato “La strana Bottega di Viktor Kopek” di Anne-Claire Lévêque e Nicolas Zouliamis – L’Ippocampo edizioni).

Il viaggio potrebbe continuare così all’infinito scoprendo, attraverso la letteratura, uno strumento che racconta di adolescenza in modo immediato, autentico e profondo a partire dal punto di vista proprio di chi sta vivendo in prima persona questa fase della vita. Passano così in secondo piano le definizioni da manuale, per lasciare spazio all’esperienza personale di ragazze e ragazzi al centro della propria rivoluzione. I mondi di carta, in questo senso, possono diventare un porto a cui attraccare e dal quale ripartire, spostando il focus dal bisogno di definire e incasellare, alla necessità di stare nell’esperienza e nelle domande (Cosa sta cercando di fare la/il protagonista? Quali segnali sta inviando? Cosa sta chiedendo?). Domande che esplorano, generano dialogo e mantengono aperto un canale comunicativo che permette di narrare e ri-narrare la propria storia da punti di vista diversi, anche attraverso le/i protagoniste/i incontrate/i tra le pagine.

Forse, il cambio di prospettiva citato all’inizio (da crisi a opportunità) ha a che fare con il considerare, le/gli adolescenti non come soggetti passivi in balia di impulsi e cambiamenti (nell’attesa impotente del “tanto prima o poi passa”), ma come delle/dei vere/i e proprie/i esploratrici ed esploratori pronte/i a conoscere ciò che le/li circonda accompagnate/i, tra le tante, da due domande evolutive principali: “Chi sono?” e “Cosa è importante per me?”.  Quesiti complessi che necessitano di tempo, pazienza, presenza e sperimentazioni per prove ed errori prima di trovare quelle strade utili (mai definitive, ci insegna il tempo) che tentano di mappare il proprio fare esperienza nel mondo. Dopotutto, citando Nietzsche “Bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante” .
 

Un’etichetta
una parola un verbo
ma per cortesia
non acerbo
acerbo sarai tu
talmente aspro
immangiabile da non volerne più
e poi chi ha detto che devo
piacere a te?
A me va bene
il sapore che ho”
(Silvia Vecchini & Francesco Chiacchio – Acerbo sarai tu)

[1]https://www.who.int/health-topics/adolescent-health/#tab=tab_1
[2]Dal sito: https://unaparolaalgiorno.it/significato/adolescente

La violenza di genere ha tante forme. La psicoterapia può aiutare sia chi sente di subirla, sia chi sente di agirla e vuole cambiare.