di Angela Marangon
Pierre de Coubertin, fondatore dei Giochi olimpici moderni, affermava: «Per ogni individuo, lo sport è una possibile fonte di miglioramento interiore». Campioni si diventa in pochi, cittadini adulti tutti: viviamo lo sport come metafora della vita e palestra per la vita e …divertiamoci!
«Voglio fare uno sport!»…«Che sport vorresti fare? Prova a fare la lezione gratuita e poi scegli.»…«È bene che tu faccia uno sport!»…«Mi iscrivo, compro l’attrezzatura necessaria e comincio!»…
Ecco che prima o poi, solitamente, arriva un momento in cui bambine/i e ragazze/i si approcciano al mondo dello sport. Da questo momento inevitabilmente sono chiamati in campo diversi attori: al centro c’è la/il bambina/o o la/il ragazza/o attorno cui ruotano la famiglia, l’allenatrice/allenatore e la società sportiva.
Ma… chi ha detto che lo sport è educativo?
Per definizione lo sport, secondo la Carta Europea dello Sport del 1992, è “qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”.
Ebbene, lo sport è uno strumento che può sostenere il raggiungimento della consapevolezza del sé sul piano sia fisico che psico-emotivo, lo sviluppo dell’autonomia, la capacità di iniziativa e di messa alla prova, la crescita dell’autostima e della fiducia in stessi, all’interno di un ambiente con regole condivise.
Nel mondo sportivo si parla di “fair play”, ovvero il gioco leale e corretto. È all’interno delle regole e del rispetto altrui che può farsi spazio la libertà di espressione, di crescita e di divertimento. Questo termine si rifà quindi all’assunzione di un’etica comportamentale che riguarda tutti gli attori coinvolti, non solo la persona sportiva ma anche la tifoseria, la società sportiva, la famiglia.
Lo sport diviene educativo, anche e soprattutto, nella misura in cui vi è una qualità educativa. La qualità educativa dell’esperienza sportiva di bambine/i e ragazze/i è influenzata dal modo in cui agiscono gli adulti significativi (genitori e allenatrici/tori) che li circondano. Ciò avviene tramite tre dimensioni principali:
1) I modelli di ruolo: a ognuno il suo. Ogni attore ha un ruolo ben preciso da giocare. È necessario che ognuno sia consapevole del proprio ruolo e che sappia mettersi in relazione all’altro con rispetto.
2) Le convinzioni e le aspettative del mondo adulto. Ad esempio, il coinvolgimento dei genitori è un costrutto multidimensionale che nasce dalle attese, dalle emozioni e dai pensieri legati alle attività dei/delle figli/e. Tale coinvolgimento può esprimersi tramite un atteggiamento supportivo che facilita l’esperienza sportiva dei/le figli/e e favorisce l’autonomia e il divertimento. Al contrario, ci possono essere comportamenti di pressione che tendono ad essere direttivi, controllanti, influenzati dai risultati che i genitori considerano importanti, o comportamenti di disinteresse nei confronti della scelta sportiva dei/le figli/e.
3) Il supporto emotivo. Non si può non comunicare, anche quando si pensa di non far trapelare l’emozione, in realtà si sta comunicando qualcosa. Come adulti è importante saper gestire le proprie emozioni per evitare che queste possano travolgere e rendere meno lucide le proprie azioni e decisioni; per evitare di andare “oltre”, invadendo ambiti non di competenza; o per evitare di manifestare le proprie istanze in modo poco costruttivo. L’adulto in grado di soffermarsi sul proprio sentire permette di lasciare spazio alla crescita del/la piccolo/a giocatore/trice.
Quindi…Tra famiglia e società sportiva, agenti educativi, si crea un PATTO FORMATIVO (implicito o esplicito) che ha l’obiettivo comune di mettere le/i ragazze/i nelle condizioni di esprimersi al meglio valorizzandosi, con determinazione, per affrontare l’impegno sportivo serenamente. È nell’interesse dei/le piccoli/e sportivi/e creare questa sinergia e alleanza formativa basata sull’affidarsi, sul rispetto del ruolo altrui, sulla capacità di mettersi in discussione e di confrontarsi.
Diventa perciò importante potersi e sapersi parlare e ascoltare reciprocamente:
– con chiarezza e trasparenza;
– in ogni momento dell’anno sportivo in cui ciò sia utile e necessario;
– nei modi e luoghi giusti;
– con atteggiamento costruttivo.
Genitori e allenatrici/tori, a partire dall’ascoltare e osservare i/le propri/e ragazzi/e, possono contribuire a rendere significativa l’ esperienza sportiva ed educativa.